sabato 23 gennaio 2010

Mater morbi




«Forse ha letto le prime quattro pagine, il mio è un fumetto sulla necessità di accettare la malattia, non certo un inno al superuomo». Roberto Recchioni è perplesso per la polemica suscitata dal sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che venerdì sul Corriere della Sera ha criticato i contenuti del numero 280 di Dylan Dog, Mater Morbi, in edicola questo mese: a disegnarlo Massimo Carnevale, a scriverlo proprio Recchioni.

EUTANASIA - «Ambiguo difendere l'eutanasia come atto di pietà», ha detto il sottosegretario, «gli intellettuali dovrebbero chiedersi: perché inseguiamo il mito del corpo sano e della perfezione e rifiutiamo la malattia e la sofferenza?». Recchioni non ci sta: «Quella della Roccella (che fu portavoce del Family Day del 12 maggio 2007, ndr) è una critica perniciosa: si è soffermata sulla prima reazione di Dylan Dog, che è in ospedale malato di un male oscuro che lo trascina fino al confine con la morte». Ma la trama, argomenta Recchioni, dice molto di più: «C'è un personaggio che citando Wittgenstein dice che la cosa peggiore da fare con le malattie è ribellarsi. Se non accetti la malattia, se ti ostini a rifiutare questa cosa che è parte di te, allora sì che non puoi più vivere. L'accettazione della sofferenza è un cardine della storia».

LA REPLICA - «Sono felice che lo sceneggiatore Roberto Recchioni smentisca i miei timori rispetto al messaggio dell’ultimo numero di Dylan Dog, "Mater Morbi" - replica la Roccella - perché la mia paura è proprio che cresca nella cultura un rifiuto del corpo imperfetto e della persona malata. È sul dibattito giornalistico nato intorno al racconto che sono stata interpellata dal Corriere, e in particolare sulle interpretazioni fornite dall'Unità e dal Secolo. Se quegli articoli fornivano interpretazioni sbagliate o ideologiche, tutto il dibattito ne ha ovviamente risentito. E sono contenta di scoprire che erano "superficiali". Come avevo chiarito a chi mi ha interpellato, non avevo ancora letto la storia: la leggerò adesso e ne scriverò. Mi farà molto piacere se Recchioni si vorrà poi confrontare con me direttamente».

PRESA DI COSCIENZA - Il Fatto Quotidiano, L'Unità, Il Secolo d'Italia e venerdì Liberazione hanno indugiato in questi giorni sul canovaccio di Mater Morbi: malattia, terapie intensive, sofferenza, dilemmi etici della medicina. Del resto Recchioni, romano classe '74, ha scritto la sceneggiatura rifacendosi alla sua esperienza di malato che dalla nascita è costretto a un continuo andirivieni negli ospedali. Un percorso che lo ha condotto a una serena presa di coscienza: lui, che oltre a sceneggiare è anche disegnatore, si è ritratto in una vignetta in un letto di ospedale, mentre si domanda «Perché a me?», e una voce fuori campo gli risponde: «E perché non a te?». «Però non mi interessa 'vendere' la mia malattia», si schermisce il cartoonist, «ciò che conta è dire che il fumetto parla continuamente di cose serie, eppure non c'è attenzione per questo mezzo di comunicazione».

TEMATICHE SOCIALI - Recchioni si batte da tempo per la valorizzazione del fumetto sul suo blog, Dalla parte di Asso Merrill, che è fra i più letti in assoluto in Italia (Wikio lo colloca al 281° posto). «In Italia il fumetto sta chiuso in un ghetto che non comunica col resto dei media», prosegue Recchioni. «Ogni volta che c'è polemica pare la prima volta che il fumetto è diventato 'serio'. Certo, stavolta abbiamo toccato un nervo scoperto, ma Dylan Dog da sempre si confronta con le tematiche sociali». E Mater Morbi è un concentrato delle riflessioni di Recchioni. A pagina 97 Dylan scrive nel suo diario: «Cosa succede quando il male è una parte di noi? Ignorarlo o rifiutarlo è inutile o dannoso». Ma poche pagine prima Recchioni fa dire a Dylan: «Sono convinto che chiunque sia in possesso delle sue facoltà mentali debba essere anche padrone del proprio destino.. specie se quel destino è fatto di atroci sofferenze», pensa l'eroe in giacca e camicia, ma poi manifesta la sua perplessità a staccare la spina se non si ha chiara la volontà del malato: «Chi sono io per mettere in dubbio i miracoli?». (corriere.it)

1 commenti:

DAIDE ha detto...

Non vedo tutta questa polemica io lo letto e lo trovato buono.
Come dopo tutto gli ultimi circa 12 numeri prima l'oblio.