lunedì 11 gennaio 2010

I gemelli d'Italia hanno trent'anni Cinque su sei sono precari I Giannini, dallo spot del detersivo alla crisi economica. Giorgio, revisore dei conti,

BIBBIENA (Arezzo) - Trent’anni dopo. «Che bel gioco del destino. La nascita dei gemellini di Benevento mi fa rivivere quella mia straordinaria maternità», dice mamma Rosanna. Già, perché proprio oggi i suoi sei figli, i gemelli Giannini, due femmine e quattro maschi, compiono trent’anni. Nacquero, dalle 4.17 alle 4.22 dell’11 gennaio del 1980, all’ospedale di Careggi a Firenze, e su di loro si abbatté un’onda mediatica straordinaria: tv, giornali, riviste, persino spot pubblicitari di un detersivo che li resero ancora più famosi. Divennero i «Gemellini tricolori» e gli italiani si identificarono con quella famiglia toscana della vallata del Cansentino, tra Arezzo e la Romagna, semplice e schietta, col babbo Franco impiegato, la mamma Rosanna maestra e con Linda, Roberto, Francesco, Fabrizio, Letizia e Giorgio, i gemellini da coccolare e far crescere sani e forti.

«Anche oggi i miei figli sembrano un po’ l’emblema di questa Italia - dice la signora Rosanna -. Non solo perché sono bravi ragazzi che abbiamo fatto studiare (quattro laureati e due diplomati) con tanta fatica, ma perché cinque di loro ancora non hanno un lavoro fisso o rischiano di perderlo. Insomma vivono nella precarietà assoluta». Linda e Letizia, laureate in Lettere e Filosofia, sono precarie della scuola. Fabrizio, laurea al Dams, è precario part time in un centro commerciale. Roberto, diplomato, è precario in una fabbrica tessile, Francesco è un impiegato in cassa integrazione. Solo Giorgio, laureato in Economia aziendale, ha un posto fisso in una società di revisione dei conti a Firenze. «È stata dura tirare su queste creature e continua ad esserlo - racconta Rosanna -. Perché sa, uno si affanna tutta la vita per cercare di dare una posizione a questi figlioli. Li vede crescere, li segue, si sacrifica e poi si commuove pure quando si diplomano e si laureano. E poi, a trent’anni suonati quando solitamente si ha casa, famiglia un lavoro solido e magari pure qualche figlio, te le ritrovi sempre con un futuro pieno di incertezze. E tutto questo nonostante siano stati ragazzi in gamba, che a me a mio marito hanno dato tante soddisfazione, ma perché così oggi gira il mondo».

Mamma Rosanna, 58 anni e babbo Franco, 63, ricordano divertiti quando i loro amici gli dicevano che sarebbero diventati nonni di un esercito di nipoti. «Metterete su tre squadre di calcio ci dicevano e noi sorridevamo e pregavamo il Signore che i ragazzi crescessero in fretta nel modo migliore. Ai nipoti non avevamo tempo di pensarci, c’erano loro a prenderci tutto il tempo libero dopo il lavoro. Ma lo sa quanti nipoti abbiamo oggi? Uno solo, Tommaso, 8 mesi figlio di Letizia, insegnante precaria, che convive da qualche anno con un bravo ragazzo. Loro hanno avuto tanto coraggio, ma quando manca il lavoro e se ne va all’improvviso non fare figli è complicato. Noi non siamo pessimisti. Ogni giorno diciamo che forse domani questo precariato finirà. Ogni giorno, da tanti anni ormai». Nella casa di Soci, una frazione di Bibbiena, vivono ancora oggi in otto. Con babbo emamma ci sono nonna Vera, 84 anni compiuti ieri, Linda, Letizia, Francesco, Roberto e Fabrizio. I precari appunto. Oggi, nel giorno del compleanno, non festeggeranno. Lo faranno quando tutti saranno sistemati.

«Nessuno di noi è un bamboccione - dice Linda -. Quando c’è un incarico cerchiamo di renderci indipendenti e non pesare sulla famiglia. Babbo e mamma e i nonni sono stati fantastici, ci hanno coccolato e tirato su con amore e sacrifici. Eppure mia sorella Letizia, l’unica ad avere un bambino, non riesce ancora a farsi un casa con il marito e il piccolo. Sta un po’ con noi e un po’ con i suoceri. Abbiamo studiato una vita, sette anni tra laurea e specializzazione, mai un anno fuori corso. Oggi siamo tutti dottori in precariato». I primi anni dei gemellini sono un romanzo pedagogico. «Quando se ne addormentava uno se ne svegliava un altro - racconta Rosanna -: Linda guariva dall’influenza, Roberto si ammalava. E poi c’erano il morbillo, la scarlattina, la quarta malattia». Quando germi e virus davano un po’ di tregua ecco le birbanterie. Nulla di grave, per carità. Ma provate a immaginare sei bambini alla scoperta del mondo.

La prima birichinata a un anno. Babbo e mamma avevano appena ristrutturato la camera grande e prima di mettere i sei lettini avevano isolato le pareti con polistirolo per rendere la stanza più calda. «Misi a letto i piccoli dopo la pappa - racconta mamma Rosanna -. Quando poco dopo entrai in camera, li trovai tutti svegli. Con le manine avevano staccato il polistirolo e stavano muovendosi dentro uno sciame bianco. Mi misi le mani dei capelli. E mi rimboccai le maniche. Come sempre». Rosanna e Franco hanno ancora voglia di combattere. Non salgono in cattedra. Però qualche consiglio ai genitori di Benevento lo danno volentieri. «Cercate aiuto dai parenti, dagli amici e magari anche dai servizi sociali. Ci saranno tempi duri, a volte avrete la sensazione di essere sopraffatti dalla fatica a dalla depressione, dovrete rinunciare a molto. Però, allevare questi figli, vivere in una famiglia così numerosa, è un’esperienza unica. Anche oggi, con l’amarezza di un lavoro che non c’è o si rischia di perdere. La famiglia è anche un rifugio dell’anima. Ti rigenera sempre».
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