mercoledì 31 agosto 2011

Bergamo, cagnolina salva 20 famiglie dal fuoco

La nuova eroina di Bergamo è Sofi, una cagnolina di razza Shitzu che ha salvato 20 famiglie da un incendio. Sono le quattro del mattino quando un corto circuito manda a fuoco il quadro elettrico di un condominio di via Foscolo. In un attimo, tutto il palazzo si riempie di fumo. L'unica ad accorgersi del pericolo è proprio lei, Sofi, che comincia ad abbaiare, svegliando il suo padrone, la guardia giurata Pierfranco Vitali.
Ancora semiaddormentato, l'uomo riesce però a intuire subito il pericolo. Il fumo è troppo denso, e invade tutte le scale: è impossibile uscire dal condominio. Vitali avvisa il 115 e poi bussa a tutte le porte dei vicini, avvisando i condomini che, atterriti, cercano rifugio sui terrazzi in attesa dei soccorsi. In poco tempo i vigili del fuoco di Bergamo arrivano e spengono le fiamme. Se nessuno è rimasto intossicato, il merito è tutto del fiuto di Sofi.

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martedì 30 agosto 2011

Forbice si conficca in testa, salvo

Brutta avventura per un pensionato in Arizona
Operato di urgenza, nessun danno celebrale

Il caso

Forbice si conficca in testa, salvo

Brutta avventura per un pensionato in Arizona
Operato di urgenza, nessun danno celebrale

MILANO - Leroy Luetscher deve avere un angelo custode particolarmente attento: durante i lavori di giardinaggio nel prato di casa all’86enne pensionato dell’Arizona è scivolata la forbice da giardino dalle mani e, quando si è chinato per raccoglierla, ha perso l’equilibrio ed è caduto a faccia in giù. L’attrezzo si è conficcato nella sua testa, una parte è scivolato fino a dentro il collo dell’uomo. LA RADIOGRAFIA - Come evidenzia l'impressionante immagine della radiografia pubblicata dai media americani, le cesoie da giardino si sono letteralmente infilate nella testa di Leroy Luetscher, pensionato di Green Valley in Arizona. Lo sfortunato incidente é avvenuto lo scorso 30 luglio mentre l’uomo stava lavorando in giardino. Lo strumento si è conficcato attraverso la cavità oculare nella sua testa, quasi fino sotto la nuca. Una parte dell’impugnatura ha trafitto il cranio, l’altra metà delle forbici e le due lame spuntano dall’occhio, ha spiegato la dottoressa Julie Wynne, secondo quanto riporta tra gli altri il portale Phoenix New Times. Trasportato subito in ospedale e sottoposto ad un’operazione d’urgenza i chirurghi sono infine riusciti ad asportare l’oggetto e ricostruire l’orbita oculare con una rete metallica, e a salvare il suo occhio. Parti del viso sono ancora gonfie, attualmente ci vede doppio. Ciò nonostante, riferiscono i dottori dell’University Medical Center di Tucson, l’anziano ha avuto fortuna nella sfortuna, poiché le forbici non hanno leso nessuna parte vitale. Luetscher é già stato dimesso dall’ospedale.

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lunedì 29 agosto 2011

Svizzera, animalisti sconfitti «Legittimo sparare ai gatti»

MILANO - Lara Croft ci ha provato. Con la sua faccina triste e la zampetta sinistra sollevata da terra ha cercato di convincere gli umani del suo Paese, la Svizzera, a non imbracciare il fucile per sparare a quelle come lei. Niente da fare. È stato un buco nell'acqua. E sì che ne ha raccolte di firme con la sua petizione: in tutto, 13.700.


«Diciamo basta alla caccia dei gatti erranti» c'era scritto in quella benedetta petizione con la sua foto. 13.700 fogli mandati al Bundesrat, il Consiglio federale, perché abolisse - appunto - il permesso di caccia che avviene quasi sempre a fucilate, con il risultato che spesso le pallottole feriscono soltanto e da quel momento in poi i poveri felini si ritrovano a vagare sanguinanti per giorni e giorni. Muoiono sfiniti dal dolore o, se va «bene», restano mutilati. A Lara Croft è andata bene e con il tempo ha imparato a fare a meno della zampa ferita.Luc Barthassat, deputato del cantone di Ginevra, si è dato un gran daffare per aiutare i ragazzi di Sos Chats che hanno lanciato l'idea della petizione «per fermare questo massacro». Ne ha fatto una campagna sua, l'ha sostenuta nelle sedi pubbliche, ha moltiplicato contatti e firme, «rendiamo possibile la caccia soltanto in caso di allarme sanitario, per esempio un'epidemia di rabbia» ha mediato. Tutto inutile. La risposta del governo (che aveva ricevuto a giugno le firme) è stata «no»: sono i singoli cantoni a decidere delle soppressioni, ha fatto sapere quattro giorni fa il Consiglio federale. E poi, rivelano i siti d'informazione e i giornali elvetici, il Bundesrat ritiene necessario lo «sfoltimento dei gatti randagi» sia perché mettono in pericolo costante uccelli, lepri e rettili, sia perché da «erranti» finiscono con l'accoppiarsi a gatti molto più selvatici di loro minacciando così, con possibili malattie, la sopravvivenza stessa della specie domestica.


Men che meno convince l'ipotesi della sterilizzazione invece dell'abbattimento, un'operazione ritenuta troppo costosa oltre che difficile da realizzare vista la difficoltà di acciuffare i gatti, animali agili e sfuggenti per antonomasia. E allora ecco: la sola via possibile, dicono, è quella che esiste già, cioè la caccia al «gatto domestico inselvatichito» permessa tutto l'anno. Per la verità sono tempi duri anche per altri, stando all'articolo 5 della legge federale sulla caccia e la protezione dei mammiferi. Si trovano nelle stesse condizioni del felino randagio anche il cane procione, il procione lavatore, la cornacchia nera, la gazza, la ghiandaia e la tortora domestica inselvatichita.
La domanda a questo punto è: come fa un umano armato di fucile e intenzioni anti-gatto a riconoscere il randagio? I microchip con i quali i gatti vengono sempre più spesso registrati all'«anagrafe» felina non sono certo visibili a distanza. E allora? Chi mi dice che sto sparando al gatto «giusto» e non al micio del vicino che si è perduto?


Luc Barthassat ha provato ad argomentare la richiesta della petizione anche con questa obiezione. Tutto respinto. Senza arrendersi, il deputato ha posto un altro problema: la caccia nei centri urbani è di sicuro un pericolo anche per noi umani che rischiamo di essere impallinati. Niente, parole scivolate via come acqua sull'impermeabile. Ci ha provato con l'argomento internazionale: «Nella vicina Francia questa barbarie è stata abolita e ora è vietata» ha insistito il deputato ginevrino. Come prima, obiezione nulla. Un po' come dire: che la Francia faccia come vuole, il governo svizzero non vieterà un bel niente.
Viene da chiedersi: chissà che direbbe Lara Croft se potesse parlare...

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domenica 28 agosto 2011

Misterioso suicidio del manager «terrorizzato»

TARANTO - Un manager di 40 anni ferma la sua auto in una strada sterrata. Sul sedile accanto a lui c'è una bottiglia di acido muriatico. Nessuno sa dire se c'era ancora luce o se fosse già buio quando Massimo Novelli ha bevuto, nessuno sa se ha mandato giù subito quel veleno, appena spento il motore, oppure se ci ha pensato a lungo, nessuno lo ha visto vivo nella contrada sulla quale ha chiuso gli occhi per sempre. E adesso, a funerale avvenuto, la morte del professionista è diventato un giallo. Perché scegliere l'acido muriatico sapendo di morire fra dolori indicibili? Perché non lasciare nemmeno una parola d'addio? Che cosa ci faceva la sua Volkswagen Passat in una zona che non ha niente a che fare con il suo lavoro, con la sua famiglia, con i suoi amici? E, cosa più importante, perché Novelli negli ultimi giorni sembrava «terrorizzato», come dice il direttore generale della Asl di Bari, Mimmo Colasanto? Proprio lui... bocconiano «malato» di efficienza, uomo dalle mille competenze tecniche che aveva avuto l'ardire di passare dal privato (era commercialista) al pubblico (nel settore sanità) convinto di saper vincere la sfida. Era «terrorizzato» da cosa?«C'è un tizio immobile in una macchina nella località di Miceli» ha detto la voce anonima che ha segnalato il caso ai carabinieri di Martina Franca, giovedì mattina. Massimo Novelli era al posto di guida, ormai senza vita da ore stando agli accertamenti medico-legali. Laureato alla Bocconi, fare da professionista navigato, era stato nominato un anno e mezzo fa amministratore della Sanitaservice , società privata ma a totale partecipazione pubblica della Asl di Bari che aveva il compito di assumere più di 700 dipendenti di aziende esterne (addetti alle pulizie, ausiliari, facchini) dopo molti mesi di dispute legali e dopo il recente via libera della Corte Costituzionale sull'operazione.
Novelli viveva nel Leccese, mercoledì mattina era uscito di casa per andare in ufficio, vicino a Bari, ma alla Sanitaservice non è mai arrivato e il suo telefonino ha squillato a vuoto per tutto il giorno. «Un suicidio» hanno ipotizzato i carabinieri che ora stanno controllando computer e palmare trovati nell'auto. «Avvelenamento da ingestione di sostanza caustica», ha scritto il medico legale Michele Savito. «Nessun dubbio, suicidio», ha deciso il pubblico ministero di Taranto che ha restituito la salma alla famiglia senza ordinare l'autopsia. Venerdì, quindi, Novelli è stato seppellito. Ma i suoi familiari la vorrebbero, quell'autopsia e non è escluso che nei prossimi giorni il magistrato che si sta occupando della vicenda (non più lo stesso della prima fase) autorizzi la riesumazione e, appunto, i nuovi accertamenti medico-legali anche se l'ipotesi prevalente resta quella del suicidio. Salvo colpi di scena, il rebus vero di questa storia non riguarda tanto le modalità della morte quanto i motivi che lo hanno spinto a uccidersi.


La sera prima di scomparire Massimo Novelli aveva incontrato i vertici della Asl barese. «Non me la sento, voglio dare le dimissioni» aveva insistito. Il direttore Colasanto ricorda che alla fine lo avevano convinto a restare e spiega che «il suo terrore era commettere errori sulle metodiche complicate e lente del settore pubblico e sulla gestione dei rapporti con i sindacati». Può bastare questo per uccidersi in quel modo? «A dirla proprio tutta - si lascia andare Colasanto - lui era terrorizzato dal fatto che rispetto alla platea delle centinaia di persone che dovevano essere assunte ce n'erano circa 60 che non avevano i requisiti per passare». Quindi c'erano 60 voci che premevano su di lui per una regolarizzazione impossibile e in qualche occasione si dice che qualcuno avrebbe alzato un po' troppo la voce. Insomma, minacce. Forse soltanto parole disperate dettate dal bisogno di lavorare ma comunque capaci di togliere il sonno al manager della Sanitaservice , padre di due gemelli di 5 anni. Colasanto non lo conferma in modo diretto ma dice che «c'erano delle persone che lo avevano preoccupato» e che però alla fine dell'incontro «sembrava tranquillizzato». Forse era soltanto rassegnato. Ci avrà pensato tutta la notte. La mattina del 24 si è infilato in macchina ed è andato incontro alla morte, senza nemmeno un saluto.
CORRIERE.IT

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Cacciatore di bambini neri


MILANO - Un ragazzo bianco con un fucile in mano che mostra con orgoglio ai suoi piedi, come fosse un trofeo di caccia, un bambino nero, apparentemente senza vita. L'immagine è postata su Facebook e la storia ha provocato un enorme scalpore in Sudafrica. La polizia sta ora cercando di identificare chi è l'uomo nella fotografia e chi ha inserito il post e soprattutto sta cercando di capire se l'immagine tanto agghiacciante sia vera o frutto di un fotomontaggio (ma anche se si trattasse di una manipolazione la legge sudafricana prevede il carcere per razzismo). La notizia è stata diffusa da alcuni siti esteri.LA FOTO - La foto è stata pubblicata sul profilo il 24 giugno da un utente denominato «Terrorblanche Eugene», nome che richiama l'ex leader del Movimento di Resistenza Afrikaner (AWB) di estrema destra Eugene TerreBlanche, assassinato nell'aprile del 2010. Il portavoce del Ministero della Polizia, Zweli Mnisi, ha spiegato che sul caso è stata aperta un'inchiesta e invita chi dovesse riconoscere l'uomi ritratto nella foto (che potrebbe essere stata manipolata) a chiamare la polizia: «Se, infatti si tratta di un fatto reale quell'uomo deve essere punito».

LE ACCUSE - Sul profilo di Facebook Terrorblanche si descrive come un impresario a cui piacciono la musica africana, i Simpson, le armi bianche e il fuoco e conta. Foto e bacheca non sono aperte a tutti, ma l'ultima volta che è stato possibile consultare la pagina TerrorBlanche contava 589 amici e numerosi sostenitori. «Coloro che hanno fatto commenti favorevoli potranno essere accusati di non aver denunciato il fatto, di razzismo e di abuso su minori» ha spiegato Miranda Giordano, direttore dell'istituto contro gli abusi sui minori. Per lui, l'accusa potrebbe essere omicidio (se l'immagine è reale) o lesioni gravi ad un bambino». Ora su Facebook si sono formati due gruppi di protesta contro la foto del «cacciatore di bambini neri». Si tratta del gruppo «arrestate tutti gli amici di Terrorblanche» che ha 43 membri e un «gruppo di protesta» contro di lui che conta già 240 membri
CORRIERE.IT

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