domenica 28 agosto 2011

Misterioso suicidio del manager «terrorizzato»

TARANTO - Un manager di 40 anni ferma la sua auto in una strada sterrata. Sul sedile accanto a lui c'è una bottiglia di acido muriatico. Nessuno sa dire se c'era ancora luce o se fosse già buio quando Massimo Novelli ha bevuto, nessuno sa se ha mandato giù subito quel veleno, appena spento il motore, oppure se ci ha pensato a lungo, nessuno lo ha visto vivo nella contrada sulla quale ha chiuso gli occhi per sempre. E adesso, a funerale avvenuto, la morte del professionista è diventato un giallo. Perché scegliere l'acido muriatico sapendo di morire fra dolori indicibili? Perché non lasciare nemmeno una parola d'addio? Che cosa ci faceva la sua Volkswagen Passat in una zona che non ha niente a che fare con il suo lavoro, con la sua famiglia, con i suoi amici? E, cosa più importante, perché Novelli negli ultimi giorni sembrava «terrorizzato», come dice il direttore generale della Asl di Bari, Mimmo Colasanto? Proprio lui... bocconiano «malato» di efficienza, uomo dalle mille competenze tecniche che aveva avuto l'ardire di passare dal privato (era commercialista) al pubblico (nel settore sanità) convinto di saper vincere la sfida. Era «terrorizzato» da cosa?«C'è un tizio immobile in una macchina nella località di Miceli» ha detto la voce anonima che ha segnalato il caso ai carabinieri di Martina Franca, giovedì mattina. Massimo Novelli era al posto di guida, ormai senza vita da ore stando agli accertamenti medico-legali. Laureato alla Bocconi, fare da professionista navigato, era stato nominato un anno e mezzo fa amministratore della Sanitaservice , società privata ma a totale partecipazione pubblica della Asl di Bari che aveva il compito di assumere più di 700 dipendenti di aziende esterne (addetti alle pulizie, ausiliari, facchini) dopo molti mesi di dispute legali e dopo il recente via libera della Corte Costituzionale sull'operazione.
Novelli viveva nel Leccese, mercoledì mattina era uscito di casa per andare in ufficio, vicino a Bari, ma alla Sanitaservice non è mai arrivato e il suo telefonino ha squillato a vuoto per tutto il giorno. «Un suicidio» hanno ipotizzato i carabinieri che ora stanno controllando computer e palmare trovati nell'auto. «Avvelenamento da ingestione di sostanza caustica», ha scritto il medico legale Michele Savito. «Nessun dubbio, suicidio», ha deciso il pubblico ministero di Taranto che ha restituito la salma alla famiglia senza ordinare l'autopsia. Venerdì, quindi, Novelli è stato seppellito. Ma i suoi familiari la vorrebbero, quell'autopsia e non è escluso che nei prossimi giorni il magistrato che si sta occupando della vicenda (non più lo stesso della prima fase) autorizzi la riesumazione e, appunto, i nuovi accertamenti medico-legali anche se l'ipotesi prevalente resta quella del suicidio. Salvo colpi di scena, il rebus vero di questa storia non riguarda tanto le modalità della morte quanto i motivi che lo hanno spinto a uccidersi.


La sera prima di scomparire Massimo Novelli aveva incontrato i vertici della Asl barese. «Non me la sento, voglio dare le dimissioni» aveva insistito. Il direttore Colasanto ricorda che alla fine lo avevano convinto a restare e spiega che «il suo terrore era commettere errori sulle metodiche complicate e lente del settore pubblico e sulla gestione dei rapporti con i sindacati». Può bastare questo per uccidersi in quel modo? «A dirla proprio tutta - si lascia andare Colasanto - lui era terrorizzato dal fatto che rispetto alla platea delle centinaia di persone che dovevano essere assunte ce n'erano circa 60 che non avevano i requisiti per passare». Quindi c'erano 60 voci che premevano su di lui per una regolarizzazione impossibile e in qualche occasione si dice che qualcuno avrebbe alzato un po' troppo la voce. Insomma, minacce. Forse soltanto parole disperate dettate dal bisogno di lavorare ma comunque capaci di togliere il sonno al manager della Sanitaservice , padre di due gemelli di 5 anni. Colasanto non lo conferma in modo diretto ma dice che «c'erano delle persone che lo avevano preoccupato» e che però alla fine dell'incontro «sembrava tranquillizzato». Forse era soltanto rassegnato. Ci avrà pensato tutta la notte. La mattina del 24 si è infilato in macchina ed è andato incontro alla morte, senza nemmeno un saluto.
CORRIERE.IT

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