domenica 1 marzo 2009

IL MISTERO DEL CERRO TORRE

Se nel mondo e nella storia dell'alpinismo esiste un vero mito, non c'è alcun dubbio: è il Cerro Torre. La montagna, che termina con l'Urlo pietrificato, è di quelle che non perdonano, da molti ritenuta la più difficile parete del mondo.


Bisogna affrontare almeno 800 metri di parete granitica, per arrivare ad una cima perennemente ricoperta da un "fungo" di ghiaccio








A chi non la conosce, verrebbe la tentazione di raccontare che la montagna più famosa e leggendaria del Pianeta è in fondo solo una guglia di poco superiore ai tremila metri nel massiccio del Fitz Roy. Per tutti gli altri, invece, è solo l'urlo di pietra: un obelisco di puro granito e ghiaccio che si innalza verticale per più di due chilometri da terra, un vero e proprio missile puntato contro il cielo. A vederlo, semplicemente inaccessibile. Una montagna tremenda, del tutto verticale: pareti infinite di granito ricoperto di ghiaccio, in una delle zone più tempestose del mondo. Si calcola che al Cerro Torre il maltempo colpisca per oltre trecento giorni all'anno di media, spesso con tempeste inaspettate, violentissime, che portano valanghe di neve e ghiaccio e venti da uragano. Siamo in fondo alla Patagonia, le temperature possono raggiungere rapidamente i trenta gradi sotto zero.
Il primo approccio di Cesare Maestri col Cerro Torre avviene nel 1958 anno in cui fa parte di una spedizione italoargentina in Patagonia. La spedizione incontrò alla base della montagna un'altra spedizione italoargentina indipendente, organizzata da Folco Doro Altan e composta, fra gli altri, da Walter Bonatti e Carlo Mauri. Vi furono attriti tra gli organizzatori delle due spedizioni, che portarono ad un ritiro degli sponsor, con conseguenti gravi problemi logistici; come conseguenza, Maestri non poté attaccare il Cerro Torre. La spedizione ottenne comunque diversi successi alpinistici su altre vette della zona.[8].

Maestri organizzò una seconda spedizione nell'estate australe 1958-1959. A questa spedizione partecipavano il forte ghiacciatore austriaco Toni Egger e l'alpinista italiano Cesarino Fava. All'inizio di gennaio i tre salirono ed attrezzatono i 300 m del diedro iniziale. Il 28 gennaio, sfruttando una finestra di bel tempo, partirono per l'assalto finale. Fava accompagnò i tre fino al Colle della Conquista, poi rientrò alla base della parete, dove attese il ritorno dei compagni per sei giorni, durante i quali si scatenò il maltempo. Il 3 febbraio, ormai disperando di rivedere i suoi compagni, Fava stava per rientrare al campo 2, quando vide in lontananza Maestri discendere la parete, piuttosto malconcio. Maestri raccontò in seguito che era riuscito a salire fino in vetta con Egger, scendendo poi da una via diversa; purtroppo, durante la discesa, una valanga aveva travolto Toni Egger, uccidendolo; con Egger era scomparsa anche la macchina fotografica, che questi portava con sé. I tentativi di trovare il corpo di Egger non ebbero successo (alcuni resti furono rintracciati alla base della parete solo nel 1976).[9]
Il racconto di Maestri non fu messo in discussione fino al 1968, quando una spedizione inglese al Cerro Torre, non riuscendo a salire per un itinerario teoricamente più semplice, cominciò a mettere in dubbio il resoconto di Maestri. L'opinione fu raccolta dalla rivista Mountain, diretta da Ken Wilson, che pubblicò un'analisi della relazione di salita di Maestri, in cui evidenziava quelli che a suo parere erano punti deboli che suggerivano la non veridicità del racconto. Sempre nel 1968, Carlo Mauri, di ritorno da una spedizione in Patagonia, affermò alla stampa: "torno dall'inviolato Cerro Torre", suggerendo quindi che la vetta non era stata raggiunta dalla spedizione del 1959.[4][9]
Anche in seguito a queste affermazioni, che considerava lesive del suo onore,[4], Maestri organizzò un'altra spedizione sul Cerro Torre. Questa spedizione ebbe luogo nel 1970, e vedeva, insieme a Maestri, Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessarri, Carlo Claus e Pietro Vidi. Il gruppo affrontò l'allora inviolato spigolo sud-est, portandosi un pesante compressore azionato da un motore a combustione interna per poter attrezzare la parete con chiodi ad espansione. Maestri risalì fino quasi alla vetta, attrezzando gli ultimi 350 m di parete con circa 400 chiodi a espansione.[10] Maestri non arrivò in vetta, ma si fermò alla base del fungo di ghiaccio sommitale; più tardi affermò di aver fatto ciò perché "il fungo di ghiaccio non fa veramente parte della montagna, e un giorno o l'altro cadrà".[3] Nello scendere, Maestri ruppe i chiodi degli ultimi 30 metri di salita, e lasciò il compressore appeso all'ultimo chiodo valido, dove si trova ancor oggi.[11][12] Anche questa impresa fu oggetto di pesanti polemiche, legate soprattutto al pesante impiego di chiodi ad espansione per superare la difficoltà. Il regista di documentari Leo Dickinson affermò addirittura che questa impresa era simile "a prendere una funivia per salire in cima al Monte Bianco e poi illudersi di averlo scalato".[4]
La via Maestri sullo spigolo sud-est, anche detta Compressor road, è stata ripetuta la prima volta da Jim Bridwell nel 1979 in stile alpino, ed in prima invernale nel 1985 da Ermanno Salvaterra.[4]
Lo stesso Salvaterra, nel 2005, guidò una spedizione che giunse in vetta al Cerro Torre seguendo il percorso della via Maestri-Egger del 1959; al ritorno, dichiarò di non aver trovato alcuna traccia del passaggio dei suoi predecessori.[10][13]
Maestri ha sempre sostenuto, e sostiene ancora oggi, la versione dei fatti del suo resoconto del 1959, difendendo la sua posizione anche con veemenza.[14][10][15][16]


14 commenti:

fantamarco ha detto...

... le polemiche continuano ...
anche stasera al CAI di Chiari ...

fantamarco ha detto...

"IL TEMPO LASCIA LE ORME"

fantamarco ha detto...

EL CHALTEN, Patagonia -- Sono passati quasi cinquant'anni, ma il Cerro Torre è sempre in mezzo alle tempeste. Non solo quelle di vento e ghiaccio, soprattutto quelle alpinistiche. Nei giorni scorsi, due americani avrebbero cercato di disfarsi dei chiodi piantati da Cesare Maestri sulla contestata Via del Compressore. Steve Schneider, che ha cercato di fermarli, sarebbe stato violentemente malmenato.

Pare che in Patagonia non si parli d'altro, in questi giorni. Lo scottante "gossip" alpinistico è infatti fresco fresco: arrivato ieri, via satellite, dalla voce di Hervè Barmasse che si trova impegnato sul Cerro Piergiorgio con la spedizione dei Ragni.

Secondo quanto riferito da Barmasse, due alpinisti americani animati da spirito giustiziero, nei giorni scorsi si sarebbero avventurati sulla celebre "via del compressore", aperta da Maestri nel 1970, per strappare tutti i chiodi lasciati dall'alpinista trentino nei pressi della cima.

Ma il tentativo "dissacratore" non poteva passare inosservato. "L'alpinista americano Steve Schneider - racconta Barmasse - è salito sulla montagna e gli ha strappato il tronchesino dalle mani, ordinando loro di sparire in tempo zero dal Cerro Torre e dalla Patagonia. E dicendogli, senza giri di parole, che qui non erano più graditi".

Schneider è un'alpinista di fama mondiale il cui nome è particolarmente legato alla Patagonia, dove è stato con 7 spedizioni. E' l'alpinista che vanta il maggior numero di ascese alle Torri del Paine, di cui ha compiuto anche la traversata in solitaria nel 2002.

I due agguerriti giustizieri, però, non devono aver gradito la sua intromissione. Secondo quanto riferito da Barmasse, avrebbero malmenato Schneider e, solo poi, se la sarebbero filata.

Ma perchè questo gesto? Per capirlo bisogna tornare indietro di qualche anno. La via del compressore era stata aperta da Maestri come risposta alle polemiche di chi mettevano in dubbio la sua prima salita del 1959 dalla parete nordest. Quella, per intenderci, che aveva compiuto con Toni Egger, e che era finita in tragedia con la morte dell'alpinista austriaco, la perdita della macchina fotografica con le prove del raggiungimento della cima, e il ritrovamento di Maestri al bordo del ghiacciaio in stato confusionale.

Maestri dichiarò di aver raggiunto la cima, ma negli anni che seguirono, molti dubitarono della veridicità del suo racconto. La via sembrava svolgersi lungo tratti impossibili, non c'erano le prove, i racconti sembravano contraddittori.

Allora Maestri, per mettere fine alle polemiche, tornò laggiù nel 1970 con Ezio Alimonta e Carlo Claus. Salì il pilastro sud-est del Torre, portandosi dietro un grosso martello compressore, con cui piantò qualche manciata di chiodi in un punto completamente privo di appigli nei pressi della vetta. Maestri arrivò alla fine della parete, ma non salì il fungo di ghiaccio che ricopre la cima. Durante la discesa spezzò i chiodi messi, e poi lasciò lassù il compressore, inchiodato alla parete (nella foto a destra).

Sono proprio questi i chiodi che i due giustizieri americani volevano far sparire nei giorni scorsi, probabilmente animati dalle polemiche, più che mai vive, che attorniano ancora le salite di Maestri. Polemiche rinfocolate di recente da Ermanno Salvaterra, che nel 2005 per la prima volta nella storia riuscì a ripetere l'itinerario del 1959, dichiarando che secondo lui, Maestri, non era mai passato di lì. Polemiche che vogliono considerare come prima ascensione ufficiale del Torre quella dei Ragni di Lecco, guidati da Casimiro Ferrari nel 1974 sulla parete Ovest.

"E' pazzesco che dopo tanti anni questa storia generi tali reazioni - racconta Barmasse -. Ma il Cerro Torre è un mito, vivo oggi più che mai".

Il Cerro Torre, l'urlo di pietra, la montagna più bella e più difficile del mondo. Duemila metri di picco che sembra aver bucato la terra per infilzarsi nel cielo. Non si fatica a credere che generi emozioni violente, sentimenti contrastanti, idee estreme. Un po' come quelli generati da una bella fanciulla negli animi di focosi pretendenti, che finiscono per sfogare le loro ire in violenti duelli.

Darwin ha detto...

Questa storia mi intriga molto perché sui libri e gli “eroismi” di Maestri e Bonatti ho formato la mia sensibilità di adolescente (i “nuovi mattini” erano ahimè ben lungi dall’apparire). Così per ragioni banalmente anagrafiche il cuore batte dalla parte del Cesare. A casa mia si conserva gelosamente un vecchio chiodo arrugginito raccolto una quarantina di anni fa alla base del Salame in Sassolungo. Un chiodo che la tradizione ed il lessico familiare attribuiscono a Comici. Eppure il Torre non si trova in dolomiti, così mi domando se sia logico cercare a distanza di cinquant’anni tracce di passaggio su di una parete solcata quotidianamente dalle valanghe o se non si debbano comprendere le incongruenze di una relazione scritta da un uomo raccolto da cesare Fava ferito ed in stato confusionale dopo una settimana in parete. Il compressore è ancora là appeso si dice, ma quelli erano appunto altri chiodi …
CD

Anonimo ha detto...

La via del '59 è una cosa. Quella del compressore su un'altra linea. Le prove? I chiodi, circa 70, che Maestri dice di aver piantato non ci sono. Se questa non è una prova...

Ennio ha detto...

é ora di finirla! Se si vuole non omologare la prima al Torre di Cesare e di Toni lo si può fare perchè le prove non ci sono, ma non è giusto dare del bugiardo ad un mito. Accolgo in pieno la tesi di Armando Aste che difendendo il Cesare dice che allo stesso modo si possono mettere in discussione anche le sue numerosissime prime in solitaria.

DAIDE ha detto...

Messner ha rilasciato un’intervista al quotidiano “Alto Adige”, nella quale Messner ha esposto la sua tesi e lanciato l’accusa a Cesare Maestri, "prove alla mano", di non essere mai arrivato in cima. La replica di Maestri non si è fatta attendere, sempre sullo stesso giornale. "Messner? Mi hanno riferito, non ho letto le sue dichiarazioni - ha dichiarato -. E non le leggerò". Parole amare, preludio di una mancata partecipazione dell'alpinista trentino alla serata del FilmFestival.

Non solo. Nell’ambito del 57° TrentoFilmfestival era prevista la manifestazione “Cordate nel Futuro” organizzata alla Sosat, Sezione Operaia della Sat, la quale ha deciso di assegnare un riconoscimento, il “Chiodo d’Oro speciale” a Cesare Maestri. Ma Maestri ha deciso di disertare la serata, inviando al presidente della Sosat Remo Nicolini un suo messaggio ringraziando e scusandosi: “La prego di scusarmi se no sarò presente, ma ho preso la sofferta decisione di non partecipare per qualche tempo a qualsiasi incontro riguardante l’alpinismo in questo momento avvilito da sterili bagarre”. A questo punto la Sosat ha deciso di non assegnare quest’anno il “Chiodo d’Oro” all’alpinista veterano e all’alpinista in attività.
Il Cerro Torre è una delle più spettacolari cime del Campo de Hielo Sur, è situato in una regione contesa fra Argentina e Cile, a Ovest del Cerro Chalten (o Fitz Roy). Siamo in fondo alla Patagonia, le temperature possono raggiungere rapidamente i trenta gradi sotto zero: gli abitanti locali dicono che ogni giorno si alternano quattro stagioni in poche ore. La vetta del Cerro Torre è considerata fra le più inaccessibili del mondo perché, qualunque via si scelga, bisogna affrontare almeno 800 metri di parete granitica, per arrivare ad una cima perennemente ricoperta da un "fungo" di ghiaccio. Inoltre le condizione climatiche e meteorologiche della regione sono particolarmente sfavorevoli. Si calcola che al Cerro Torre il maltempo colpisca per oltre trecento giorni all'anno di media, spesso con tempeste inaspettate, violentissime, che portano valanghe di neve e ghiaccio e venti da uragano.
E se nel mondo e nella storia dell'alpinismo esiste un vero mito, non c'è alcun dubbio: è il Cerro Torre. A chi non la conosce, verrebbe la tentazione di raccontare che la montagna più famosa e leggendaria del pianeta è in fondo solo una guglia di poco superiore ai tremila metri nel massiccio del Fitz Roy, un piccolo punto nero su mappe geografiche molto dettagliate. Per tutti gli altri, invece, è solo l'urlo di pietra: un obelisco di puro granito e ghiaccio che si innalza verticale per più di due chilometri da terra, un vero e proprio missile puntato contro il cielo. A vederlo, semplicemente inaccessibile.
Negli anni '50 il Cerro Torre era già ritenuto la montagna più difficile del mondo, da molti addirittura impossibile a salirsi con mezzi “leali”. Nel 1959 Cesare Maestri, un grande campione italiano che vantava già parecchie imprese sulle nostre Alpi, affrontò l'inviolata montagna impossibile con il forte ghiacciatore austriaco Toni Egger ed il supporto di Cesarino Fava.

DAIDE ha detto...

La polemica rinnovata
Su quella spedizione si inserisce ora, con decisione, in “re degli ottomila” sostenendo, nel volume e nell’intervista, che "La storia dell'alpinismo è una cosa seria e abbiamo il dovere di dire le cose come stanno. Il primo uomo a raggiungere la cima del Cerro Torre non è stato Cesare Maestri, è stato il lecchese Casimiro Ferrari, con la spedizione dei Ragni del 1974". A stretto giro la risposta di Maestri: "Messner? Mi hanno riferito le sue dichiarazioni, ma non le leggerò".

Dunque sono passati 50 anni dalla famosa, e comunque contestata, salita al Torre di Cesare Maestri, ma le polemiche, accesesi all'indomani di quel 31 gennaio 1959, sono tutt'altro che finite. Secondo Messner il primo conquistatore del Torre Cerro non è stato Maestri ma Casimiro Ferrari nel 1974: "Maestri non raggiunse la vetta del Torre né nel 1959 con Toni Egger, né nella seconda spedizione, quella famosa del compressore". Per poi aggiungere: "E' la prima volta che scrivo di qualcosa di cui non ho esperienza diretta, ma di cui conosco tutto o quasi. Sono infatti quasi 40 anni che mi occupo delle faccende del Cerro Torre e delle polemiche sulle due spedizioni di Maestri e nel libro dimostro, prove alla mano, come si fa in tribunale, che Maestri e Egger non raggiunsero la cima del Torre nel 1959. Per quanto riguarda la seconda salita è stato lo stesso Maestri ad ammetterlo. Quando gli chiesi se aveva raggiunto la cima, mi rispose con grande sincerità che per lui 'la montagna finisce dove finisce la roccia'. Il problema è che il Torre è sovrastato da un fungo di ghiaccio".

Molti alpinisti, e non, hanno provato durante questi 50 anni a contestare la salita di Maestri. Per primo Jim Donini, tra i 3 americani che per primi salirono la Torre Egger nel 1976, il quale dichiara di non aver trovato traccia del passaggio di Maestri e Egger nemmeno fino al Colle della Conquista. Fino a Ermanno Salva terra che pochi anni fa è tornato dalla via della prima salita del '59 sulla parete nord, dichiarando che Maestri non era mai salito perché non ne ha trovato traccia

Marco ha detto...

06/01/10 LA MALEDIZIONE DEL CERRO TORRE CONTINUA
Fabio Giacomelli muore sul Cerro Torre, mentre portava le ceneri di un altro alpinista Giacomelli è stato travolto da una valanga su una delle cime più impegnative della Patagonia. Andava in vetta per un omaggio al noto scalatore Cesarino Fava.
Se n'è andato anche lui in montagna, come trent'anni fa era accaduto a suo fratello Gigi. Fabio Giacomelli, cinquantunenne alpinista trentino, è stato travolto da una valanga sul Cerro Torre. Se l'è visto portar via sotto gli occhi il suo compagno di cordata, Elio Orlandi, con il quale stava portando a termine una via nuova sulla parete est del "grido di pietra", com'è chiamata una delle montagne più belle e difficili al mondo, nonostante i suoi appena 3.102 metri. Lascia la moglie, Silvana, e i figli Alessio e Debora.

Non era solo un itinerario tracciato per la prima volta, quello di Elio e Franco. Iniziato lo scorso inverno - l'estate australe, cioè - era stato abbandonato per l'arrivo di una perturbazione a poche centinaia di metri dalla vetta. Ma in un anfratto della roccia i due avevano lasciato un'urna con le ceneri di Cesarino Fava, l'amico di Cesare Maestri che l'aveva convinto nel 1958 a scendere in Patagonia - "c'è pane per i tuoi denti", gli aveva scritto - e poi aveva affiancato lui e Toni Egger nella famosa e contestata spedizione dell'anno seguente, in cui morì Toni Egger. Fava è morto nel 2008 e Orlandi - appassionato frequentatore delle catene patagoniche - ha pensato subito di disperderne i resti dalla montagna del suo destino. Lo ha anche raccontato in "Patacorta", biografia per immagini presentata all'ultimo Festival del cinema di montagna a Trento, il titolo riferito in spagnolo ai piedi del vecchio alpinista "accorciati" dal chirurgo a causa di un congelamento sull'Aconcagua.

DAIDE ha detto...

Una vera strage ma leggi il post sul Nanga Parbat

Anonimo ha detto...

Molto bella ed interessante la tua descrizione storia sul Cerro Torre. Che ne dici di pubblicare su VieNormali.it tuoi articoli analoghi descrittivi e storici sulle montagne del mondo?
Ciao
Roberto

èrman ha detto...

Maestri al Torre nel '59 non è mai salito e punto. Messner è stato molto chiaro anche se lo ha fatto da vero Signore. Se invece credete ancora a babbo natale allora tutto si può credere. Ma la storia è storia e tale deve rimanere.

Anonimo ha detto...

sono un profano, ma più che i chiodi, perchè nessuno rimuove quello schifo, almeno per me, del compressore

Anonimo ha detto...

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