domenica 29 marzo 2009

Evasione, altri potrebbero seguire piano Usa su amnistia fiscale

Altri governi potrebbero decidere di copiare il programma Usa che offre un accordo fiscale non punitivo a coloro che ammettono di aver portato denaro su conti correnti esteri, una mossa che probabilmente sarà accolta con favore dalla Svizzera e da altri Paesi se allenterà il controllo sulle loro operazioni offshore.

Washington sta guidando una guerra globale contro l'evasione fiscale e sta facendo pressione sulla principale banca svizzera, UBS, perché riveli i nomi di migliaia di suoi clienti Usa in un'inchiesta sulla frode fiscale. Giovedì, ha promesso multe di minore entità e nessuna accusa penale a coloro che volontariamente contatteranno le autorità americane nei prossimi sei mesi.

Esperti tributaristi ritengono che le amnistie fiscali possano essere un modo efficace per riportare in patria miliardi di dollari di denaro non dichiarato, immettendolo nell'economia in un momento in cui è attanagliata dalla crisi.

"L'offerta Usa è molto interessante e spero che altri la considerino", spiega Jonathan Ivinson, partner e responsabile del settore fiscale per lo studio legale internazionale Hogan & Hartson.

"Spesso il denaro resta lì per anni. La gente è intrappolata. Dar loro l'opportunità di dichiararsi sembra essere più efficacie che costringere la Svizzera a rivelarne i nomi".

Dal momento che il denaro portato offshore è normalmente protetto da severe regole di segreto bancario, non ci sono dati ufficiali sul totale della cifra evasa. Il Boston Consulting Group stima che il denaro nascosto in conti esteri possa ammontare a circa 7.000 miliardi di dollari, non tutti non dichiarati, di cui circa un terzo si trova in Svizzera.

Sotto la pressione del G20, Svizzera e altri centri offshore hanno acconsentito ad allentare le loro regole sul segreto bancario all'inizio di questo mese in modo da aiutare i governi stranieri nella lotta all'evasione fiscale.

Svizzera e Liechtenstein, in particolare, hanno detto in quell'occasione che volevano negoziare una soluzione che risolvesse una volta per sempre il problema degli asset stranieri non dichiarati.

Il piccolo principato del Liechtenstein, un paradiso fiscale tra Austria e Svizzera, ha indicato che offrirà maggiore cooperazione se i vari Paesi aiuteranno i clienti delle sue banche ad uscirne puliti. Il tema sarà discusso in colloqui bilaterali con la Gran Bretagna il primo aprile prossimo.

Angel Gurria, segretario generale dell'Ocse ('Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che si occupa da tempo di lotta all'evasione, ha detto giovedì che altri governi potrebbero considerare l'idea di accordi o amnistie fiscali per recuperare denaro in tempo di crisi.

L'Italia, che ha già eseguito un'amnistia fiscale nel 2002, è per ora l'unico Paese europeo ad aver menzionato questa ipotesi anche se al momento non c'è ancora un piano concreto.

"Nono conosco nessun ministro delle Finanze che non creda che si tratti di una cosa terribile da fare, ma che non capisca anche che forse è la cosa migliore da fare o la sola cosa da fare", ha commentato Gurria.

Ma alcuni sostengono che gli evasori sono criminali che dovrebbero essere puniti e puntano al fatto che diverse amnistie fiscali applicate in passato, ad esempio in America Latina o in Germania, non sono state un deterrente contro l'evasione.

"(L'idea Usa) è di cattivo esempio. Le amnistie fiscali non hanno funzionato in passato", spiega John Christensen, direttore del Tax Justice Network, che invita ad un approccio globale coordinato e a misure punitive effettive contro le banche.

L'Italia ha recuperato più di 50 miliardi di euro con la sua amnistia fiscale nel 2002. La Germania ha avuto un risultato meno brillante, tassando gli asset recuperati del 25-35%. La Francia, che non ha mai avuto un'amnistia sul fisco, è già sotto pressione per aver introdotto tagli alle tasse per i più abbienti.

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