Tibet
L'appello del Dalai Lama alla Cina
La guida spirituale dei tibetani esprime la sua preoccupazione
Gli Usa chiedono formalmente a Pechino di "dare prova di moderazione"
Incendi, spari e morti a Lhasa
L'appello del Dalai Lama alla Cina
Monaci tibetani allo storico monastero di Labrang, a Xiahe
PECHINO - Il Tibet brucia nell'anno delle Olimpiadi di Pechino. La Cina accusa "la cricca del Dalai Lama di aver fomentato la folla". Un monaco e una ragazza di sedici anni sarebbero morti durante gli scontri.
Lhasa è da giorni teatro di disordini, in coincidenza del 49esimo anniversario della rivolta contro il dominio cinese. Per le strade della capitale si spara, la polizia ha usato lacrimogeni e ci sono numerosi morti e feriti, secondo quanto ha detto il centro per le emergenze mediche della capitale del Tibet. Alcuni testimoni hanno riferito che la polizia ha aperto il fuoco per disperdere i manifestanti scesi nuovamente in piazza contro Pechino.
''C'è concitazione riguardo ai feriti. Ce ne sono davvero tanti. Alcuni sono morti, ma non so dire quanti'', ha spiegato un funzionario del centro per le emergenze mediche. Radio Free Asia, citando alcuni testimoni, ha riferito che almeno due persone sono rimaste uccise a Lhasa.
L'appello del Dalai Lama. Profonda preoccupazione è stata espressa dal Dalai Lama, la guida spirituale dei buddisti. Ha rivolto un appello alle autorità cinesi affinché rinuncino all'uso della "forza bruta". "Queste proteste - ha sottolineato la guida spirituale tibetana - sono una manifestazione del radicato risentimento del popolo tibetano sotto l'attuale governo. Mi appello ai dirigenti cinesi perché smettano di usare la forza e affrontino tale risentimento attraverso il dialogo con il popolo tibetano. Come ho sempre detto, l'unità e la stabilità ottenuti dalla violenza bruta possono al massimo essere una soluzione temporanea. E' irrealistico aspettarsi unità e stabilità sotto un simile governo e questo non contribuirà a trovare una soluzione pacifica e durevole".
Il governo cinese gli ha risposto attraverso un comunicato della Regione Autonoma del Tibet: "Abbiamo prove sufficienti per dire che il recente sabotaggio a Lhasa è stato organizzato, premeditato e diretto dalla cricca del Dalai Lama -si legge sull'agenzia Xinhua - "le violenze, inclusi pestaggi, saccheggi e incendi hanno scombussolato l'ordine pubblico e messo a repentaglio la vita e la proprietà della gente".
Washington ha condannato il comportamento del governo di Pechino: manifestando "rammarico" per le violenze in Tibet, la Casa Bianca ha "richiamato" la Cina al rispetto della cultura tibetana. L'ambasciatore statunitense a Pechino, Clark Randt, ha chiesto inoltre formalmente al governo cinese di "dare prova di moderazione" in Tibet e di non fare ricorso alla forza, ha riferito il portavoce del Dipartimento di Stato, Sean McCormack.
Le testimonianze. "C'è fumo dappertutto e si sentono colpi d'arma da fuoco" ha detto un residente che parlava dalle vicinanze del Jokhang, un grande tempio nel centro della capitale. Di spari hanno parlato anche cittadini americani, come ha riferito l'ambasciata americana a Pechino.
Il mercato di Tromisikhang, dove ci sono negozi appartenenti a cinesi, tibetani e musulmani cinesi hui, è in fiamme. "La situazione è molto pericolosa, nelle strade i tibetani attaccano i cinesi" ha detto un altro testimone. Anche alcune auto della polizia sono state incendiate.
La polizia ha impedito oggi con la forza ai monaci del monastero di Ramoche di tenere una manifestazione. Attivisti della Free Tibet Campaign riferiscono che alcuni monaci di un altro monastero, quello di Sera, sono da ieri in sciopero della fame per chiedere la liberazione dei loro compagni arrestati nei giorni scorsi, che sarebbero decine.
I monasteri di Sera, Drepung e Ganden, al centro delle proteste dei giorni scorsi, sono circondati dalla polizia militare. Circolano voci sulla dichiarazione dello stato d'emergenza, che però non sono state confermate.
Da giorni Lhasa ospita le proteste dei monaci, le più imponenti degli ultimi vent'anni. Secondo Radio Free Asia decine di persone sono state arrestate anche oggi. Manifestazioni di monaci e civili tibetani, che inneggiavano al Dalai Lama, il leader spirituale del Tibet che vive in esilio dal 1959, si sono svolte questa settimana anche in aree a maggioranza tibetana nelle province cinesi del Qinghai e del Gansu. Il dissenso preoccupa gravemente Pechino, che ha cercato in tutti i modi di evitare simili proteste in vista dell'appuntamento dei Giochi Olimpici.
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