giovedì 19 giugno 2008

Spartacus,16 ergastoli



NAPOLI (ore 12.46 di giovedì 19 giugno 2008) - Conferma degli ergastoli comminati ai boss. Questa la sentenza del processo Spartacus in Appello. Confermati tutti i 16 ergastoli inflitti in primo grado ai boss del clan dei Casalesi. La Camera di consiglio e' durata complessivamente 73 ore. L'inchiesta è iniziata nel 1993. L´interrogatorio di Carmine Schiavone, cugino del capoclan pentito dal 1993, è durato 49 udienze, addirittura 50 la requisitoria del pubblico ministero mentre 108 udienze sono state riservate alle arringhe dei difensori. Il processo di primo grado, iniziato il primo luglio 1998, si è snodato attraverso l´escussione di 508 testimoni, fra i quali 25 collaboratori di giustizia.
Secondo grande maxiprocesso della storia, secondo per importanza, per numero di reati giudicati, per la catena di delitti esaminati, per il fiume di sangue che da questi è derivato, solo a quello del 1987 che inflisse un durissimo colpo di maglio al potere dei Corleonesi e all’invasione totalizzante di Cosa Nostra.

Tra le altre, la Corte ha confermato le condanne per Francesco Schiavone, detto Sandokan, Francesco Bidognetti e i latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine.
Il massimo della pena è stato inflitto anche a Giuseppe Caterino, Mario Caterino (latitante), Cipriano D'Alessandro, Raffaele Diana (latitante), Enrico Martinelli, Sebastiano Panaro, Giuseppe Russo, Francesco Schiavone, detto 'Cicciariello', Walter Schiavone, Luigi Venosa, Vincenzo Zagaria e Alfredo Zara.
La prima sezione della Corte d'assise d'appello di Napoli, presieduta da Raimondo Romeres ha confermato i 16 ergastoli inflitti in primo grado. Conferma dell'ergastolo per Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine, i capi del clan dei casalesi, i primi due già detenuti e gli altri due latitanti. La Corte ha inflitto, inoltre, altre 14 condanne a pene varianti dai 30 ai due anni di reclusione. Trenta anni e' la pena stabilita per Pasquale Apicella e Giuseppe Russo, 21 per Antonio Basco, 16 per Luigi Diana (pentito) 15 per Dario De Simone (collaboratore di giustizia) e Nicola Pezzella, 14 per Franco Di Bona (anch'egli pentito), 10 anni e sei mesi per Carmine Schiavone (pentito), 9 per Guido Mercurio, 9 per Corrado De Luca, 4 per Alberto Di Tella e Giuseppe Quadrano (entrambi pentiti), 3 anni e tre mesi per Vincenzo Della Corte, 2 per Vincenzo Schiavone. I giudici per diversi capi di imputazione hanno dichiarato il non luogo a procedere o l'assoluzione. Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate entro 90 giorni. Il dispositivo, letto in aula alle 12,30 circa, è molto complesso ed ha anche modificato la sentenza di primo grado del 15 settembre 2005 relativamente ad alcuni capi di imputazione.



Il processo di primo grado, durato oltre quattro anni, si concluse con 21 ergastoli e 95 condanne complessive, ma le centinaia di udienze che occorsero per portare a termine il dibattimento videro soltanto la presenza degli "addetti ai lavori". Tanto che l´indomani la notizia fu pressoché ignorata dalla stampa nazionale o relegata in qualche trafiletto delle brevi di cronaca.

Il verdetto di oggi segna pur sempre e per sempre la fine di un’illusione: quella coltivata dai boss del clan dei Casalesi di poter, col tempo, diluire, nel brodo di decantazione delle procedure, dei cavilli, degli abili appigli confezionati da affilati legulei, a cui non sono mai mancati mezzi e motivazioni finanziarie, il ponderoso e apparentemente monolitico blocco materiale delle accuse. Era la stessa illusione che, sedici, diciassette anni fa nutrivano Riina, Provenzano, Bagarella e i loro degni compari, che, quando si accorsero che i supposti puntelli che dal cuore delle istituzioni rappresentative e giudiziarie non avrebbero inciso nella sentenza definitiva della Cassazione, liberarono per intero il loro terrificane estro di macellai, dando vita a una catena di agguati e di attentati che precipitarono l’Italia sull’orlo di una emergenza democratica come dai tempi del terrorismo rosso e nero il nostro Paese non viveva e sopportava.


Chi sono davvero questi «casalesi». «Rappresentano, tutti insieme, l’unico clan che più somiglia alla mafia siciliana. È diventato maggiormente invisibile e pervasivo. Le sue mani si allungano ovunque: dal grande appalto sulle strade al funzionario tecnico del Comune, dal traffico dei rifiuti al vigile urbano, dalle truffe sulle assicurazioni (abbiamo scoperto un giro sistematico da milioni di euro con una scuderia di persone che si alternavano a fare la vittima, il testimone, e l’investitore, utilizzando sempre gli stessi mezzi, gli stessi medici e avvocati) al riciclaggio del denaro sporco in case, ville, alberghi, bar, gioiellerie, supermercati».

Sono ovunque.«Sì. Dai processi emerge che non c’è attività che possa sfuggire al loro controllo. In alcune zone impongono il latte Parmalat, in altre obbligano a vendere una sola marca di caffè. Danno lavoro a tutti, non solo a delinquenti e poveracci. Sono bravissimi nel sostituirsi alle aziende pulite o in difficoltà. Comprano, rivendono, investono. L’organizzazione diversifica gli affari, si ripropone in modo tentacolare anche all’estero: Europa dell’Est, Spagna, Sudamerica e con il clan La Torre addirittura in Scozia. Pensare solo alla monnezza o agli appalti è riduttivo. I casalesi guadagnano su tutto».

8 commenti:

fantamarco ha detto...

Daide non te preoccupa' per il post ...
al massimo te procuriamo la scorta.

DAIDE ha detto...

Speriamo che le condanne vengano attuate fino al termine...e non dopo qualche anno se no qui ci beccano tutti...
Ciao e buona giornata a tutti

fantamarco ha detto...

Ah beh, considera che comunque ci sono ancora alcuni latitanti.

Se vuoi conosco una persona che potrebbe fare da guardia del corpo o procurarci una scorta; è un capo escursionista e nel giro è conosciuto come Tunignolo.

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