Mantova, sì ad acqua in Ramadan per "validi motivi",no a obbligo
Se sussistono "motivi validi" per interrompere il digiuno imposto dal Ramadan, i musulmani che lavorano alla raccolta nei campi del Mantovano possono farlo, ma nessuno può obbligarli a bere o a nutrirsi, nemmeno gli agricoltori preoccupati per il loro scarso rendimento o le loro condizioni di salute nel corso nel mese sacro dell'Islam.
Lo ha detto oggi a Reuters il rappresentante della comunità islamica mantovana, Ben Mansour Hamadi.
La vicenda è stata al centro di polemiche in questi giorni, dopo che il Comitato per la sicurezza in agricoltura - composto da Coldiretti, Confagricoltura e dai sindacati agricoli di Cgil, Cisl e Uil - ha stilato insieme alla Asl di Mantova un documento, controfirmato anche da Hamadi, nel quale si legge che "sia i lavoratori a rischio secondo il parere medico, sia quelli che lavorano in giorni e orari particolarmente caldi ed umidi, sono obbligati ad assumere acqua, pena addirittura la validità dell'assunzione o dell'interruzione del rapporto di lavoro".
Asl e agricoltori mettono infatti in evidenza i rischi che comporta per la salute un'esposizione a temperature ed umidità particolarmente elevate - condizione tipica del lavoro nei campi nei mesi estivi - senza assumere acqua, vietata ai musulmani dall'alba al tramonto durante il Ramadan.
"Il Ramadan (che quest'anno inizia il 20 agosto, n.d.r.) prevede che i fedeli digiunino dall'alba al tramonto", spiega Hamadi. "Se però c'è un motivo valido per interrompere il digiuno, si può. Ad esempio in caso di problemi di salute, perché la tutela del proprio fisico viene prima della pratica religiosa".
L'incontro nel quale è stato steso il documento, spiega ancora il rappresentante della comunità islamica, "è stato pacifico, ma sulla parola obbligo non sono d'accordo: nessuno può obbligare i fedeli a bere. La religione infatti prevede che se si interrompe il digiuno senza nessun motivo, bisogna aggiungere ai 30 del Ramadan altri 60 giorni di digiuno".
Quanto ai licenziamenti, secondo Hamadi "non succederanno, non è previsto, ma se succedesse è illegale".
Da parte sua, la Coldiretti in una nota smorza i toni e fa sapere che "(nel documento) non c'è nessun obbligo e nessun licenziamento, ma solo raccomandazioni sottoscritte e concordate con le autorità sanitarie ed i rappresentanti dei lavoratori per garantire la salute per la quale è importante l'impegno e la responsabilità di tutti".
In Italia, si legge nella nota della Coldiretti, sono 98.155 i rapporti di lavoro in agricoltura identificati come extracomunitari negli archivi Inps. Appartengono a 155 diverse nazionalità tra le quali spicca quella albanese (15%), rumena (12%) e indiana (10%).
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